La strategia del polpo, ovvero come mettere a rischio l’Alta Capacità Napoli-Bari.

di GIANCARLO BLASI E UGO MORELLI.

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Chissà se la storia si ripete, oppure no. La querelle è di lunga data. Forse sono vere entrambe le cose e sta di fatto che ogni tanto sembra di tornare al passato. A un passato che non passa. Non a un passato recente, ma al tempo profondo, come si dice quando si vuole prendere in considerazione l’evoluzione della vita sul pianeta Terra. Ci viene in aiuto, per tentare di capire quello che succede, un animale insospettabile. Prima di chiamarlo in causa, cosa vogliamo cercare di capire? Semplice: come mai rischiamo di perderci anche l’Alta Capacità Napoli-Bari e la stazione Hirpinia? Forse una delle opportunità più rilevanti per lo sviluppo delle aree interne della Campania in armonia con il Paese. Come mai – è il caso di dirlo – rischiamo di perdere anche quello che forse è l’ultimo treno? Torniamo all’animale insospettabile: il polpo. Che come è noto, nella tradizione napoletana, si cuoce nell’acqua sua stessa. A illuminarci sulle sue distinzioni evolutive è un recente libro di Peter Godfrey-Smith, Altre menti, Adelphi, Milano 2018. Siamo ai tempi del Cambriano inferiore, circa 500 milioni di anni fa, e uno potrebbe dire: e che c’entra con l’Alta Capacità, la stazione Hirpinia e il rischio di essere tagliati fuori? Ci vuole un poco di pazienza per comprendere dove rischiamo di regredire grazie all’azione di oscurantisti che si ammantano di ecologismo, ma di fatto agiscono solo con un imbarazzante complesso di originalità, come chi si identifica nel fatto di disfare tutto quello che era stato pensato prima anche se comporta scelte suicide.

Allora: come è noto nell’ampia gamma dei piani corporei animali, solo tre gruppi comprendono specie con un “corpo attivo e complesso”. Si tratta dei cordati (come noi), degli artropodi (per esempio insetti e crostacei) e di un piccolo gruppo di molluschi: i cefalopodi. I primi a imboccare la via evolutiva sulla terra non fummo noi, ma gli artropodi, avviando un processo di feedback evolutivo che ben presto coinvolse tutti gli altri. Gli artropodi furono i primi; cordati e cefalopodi li seguirono. Mettendo per un momento da parte il nostro caso specifico, e seguendo il caso degli altri due gruppi, emerge una differenza che è quella che ci interessa.

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Molti artropodi si sono specializzati nella vita e nel coordinamento sociali. Questa è stata la chiave di volta dello sviluppo: coordinarsi e cooperare con gli altri. Le grandi conquiste degli artropodi sono di natura sociale. Lo si può vedere nelle colonie di api e di formiche, e nelle città climatizzate costruite dalle termiti.

Gramo è il destino di quel popolo umano che non riesce ad essere all’altezza delle colonie di artropodi.

Non ci riesce e si situa sulla scia dei cefalopodi, di cui fanno parte i polpi, adottandone la strategia.

Mentre gli artropodi tendono a realizzare comportamenti molto complessi attraverso il coordinamento di numerosi individui, i cefalopodi, con la sola eccezione parziale dei calamari, acquisirono una forma di intelligenza non sociale: il polpo più di tutti seguì una via di solitarie scelte e egoistici comportamenti.

Ciò non vuol dire che il suo non sia un comportamento intelligente: l’intelligenza si sa è come il carburante di un’automobile, non dice nulla della qualità del viaggio che può servire per finire fuori strada o fare un bell’itinerario.

Il polpo, con tutto il rispetto per l’animale, con la sua strategia è rimasto polpo, e parafrasando l’ironia del Principe De Curtis, in arte Totò, verrebbe da chiedersi: “ma siamo polpi o capaci del nostro destino?”

Analizziamo i fatti e le opportunità. O per dirla con Charlie Brown, invece che maledire il buio è meglio accendere la luce.

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I rapporti tra lo Stato e RFI, che gestisce la maggior parte della rete ferroviaria del Paese, in base all’ordinamento vigente, sono regolati attraverso “Contratti di programma”, articolati in due parti: “Servizi” ed “Investimenti”. Il Contratto di programma parte Investimenti 2012-2016 è giunto alla scadenza ed in regime di prorogatio. Il Contratto 2017-2021 è stato “siglato” da RFI e dal MIT del (precedente) Governo ed ha ottenuto l’approvazione del CIPE, il parere degli Enti Locali e dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti. Prima della sottoscrizione definitiva il (nuovo) Governo ha richiesto il parere delle competenti Commissioni parlamentari “in sede consultiva sugli atti del Governo”. La VIII Commissione del Senato e la IX Commissione della Camera dei Deputati, hanno reso il richiesto parere nella terza decade dell’ottobre scorso.

Appare singolare, almeno per le persone comuni, che i due pareri siano assolutamente identici, parola per parola, persino in qualche innocente refuso e nella punteggiatura. Viene spontaneo, per una persona comune, essere assalita dallo stesso sospetto che assale quel professore di liceo che s’accorge che due allievi – metti Blasi e Morelli – hanno presentato un identico tema – metti sulle origini storiche dei fascismi del Novecento. Identico parola per parola, compresa la punteggiatura e gli errori di grammatica. Il professore non può che ipotizzare che Blasi abbia copiato da Morelli, o viceversa, oppure che entrambi abbiano copiato da un terzo, che ritenevano ferrato sui fascismi del Novecento. E così noi, persone comuni, a proposito di questi pareri delle Commissioni parlamentari, escludendo che l’una abbia copiato dall’altra, siamo assaliti dal malizioso sospetto che il Governo, insieme all’atto da sottoporre a parere, abbia anche inviato al Parlamento il parere che avrebbe gradito, parola per parola. E le due Commissioni hanno – per dirla schietta – “assecondato”.

I pareri gemelli sul Contratto di programma sono formalmente favorevoli, ponendo, però, cinque “condizioni”, che, se vale il lessico comune, ove non rispettate, trasformano il parere da favorevole a sfavorevole. In più ci sono ben cinquantasette “raccomandazioni”. Tra condizioni e raccomandazioni il programma, sebbene formalmente approvato, ne esce, praticamente, stravolto. D’altro canto è abbastanza normale che una maggioranza “del cambiamento” appunto “cambi” i programmi della maggioranza “di prima”.

Tutto normale quindi, se non fosse che il Contratto di programma di cui stiamo parlando è solo un piano di investimenti, per il periodo dal 2017 al 20121, per interventi rientranti in un piano generale di ammodernamento del sistema di trasporto su ferro, armonizzato con le infrastrutture per il trasporto su gomma e per via aerea e marittima, che si è andato precisando, passando per decine di governi, in almeno un quarantennio. E si tratta di un disegno generale che per buona parte è già stato attuato o in corso di attuazione, mediante opere realizzate, opere progettate a livello definitivo o persino esecutivo, opere in fase di appalto ed opere in corso con cantieri aperti.

Non è pessimistico immaginare, dalla lettura delle “condizioni” e delle “raccomandazioni” che la visione di quel disegno generale, che riguarda l’intero paese e la sua connessione col resto dell’Europa, ne resti fortemente scossa.

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L’idea “forte ed innovativa” delle Commissioni parlamentari “del cambiamento” risiede nella necessità che le decisioni relative agli investimenti vadano assunte alla luce di analisi del loro rapporto costi/benefici. Facile immaginare che quegli sprovveduti di RFI e dei Governi “di prima” abbiano ignorato del tutto una tecnica di valutazione degli investimenti i cui rudimenti si insegnavano – sembra ma non è certo – persino nella Scuola di Applicazione degli ingegneri di Ponti e Strade, che iniziava la sua attività a Napoli – tanto per restare a casa nostra – nel 1811.

La sedicesima “raccomandazione” riguarda molto da vicino questa Regione e la vicina Puglia, oltre che tutto il mezzogiorno. Essa recita, testualmente, “relativamente all’intervento « AV/AC Napoli-Bari », si valuti la possibilità di procedere senza la variante di « Grottaminarda » e di destinare le risorse previste, pari a 1,6 miliardi di euro, alla progettazione e realizzazione immediata della nuova linea ed elettrificazione della linea Avellino-Benevento”.

Riteniamo che siano davvero pochi quelli che non sanno che l’intervento AV/AC Napoli-Bari consiste nel radicale ammodernamento, con caratteristiche di alta capacità, dell’attuale collegamento ferroviario da Napoli a Bari, risalente alla fine del 1800. Se ne parla da più di trent’anni ed è in parte già stato realizzato. Nel programma andato all’attenzione delle Commissioni parlamentari è prevista, in particolare, la tratta che va da Apice (nel Sannio) ad Orsara (in Puglia). Essa si articola in due sub-tratte: la prima, già finanziata ed in fase di appalto, da Apice alla Stazione Hirpinia progettata in territorio di Ariano Irpino, nei pressi del casello autostradale di Grottaminarda. La seconda, da finanziare, dalla Stazione Hirpinia ad Orsara.

Alla Stazione Hirpinia le popolazioni delle aree interne delle due Regioni attribuiscono l’opportunità di potersi finalmente avvalere, per merci e persone, di un sistema di trasporto su ferro che non sia quello realizzato nel diciannovesimo secolo. La sua agevole interconnessione alla infrastruttura autostradale nel nodo di Grottaminarda realizza, peraltro, quella intermodalità cui è lecito affidare prospettive di sviluppo per le languenti attività economiche di questi territori, che è condizione necessaria per impedire un ulteriore arretramento della qualità della vita delle comunità.

Le Commissioni parlamentari, quando suggeriscono di valutare l’opportunità di procedere “senza la variante di Grottaminarda” non possono che riferirsi ad una modifica del percorso della ferrovia tra Apice ed Orsara con la cancellazione della Stazione Hirpinia, della tratta tra Apice e questa Stazione (in corso di appalto – il termine per la presentazione delle offerte è scaduto in settembre) e della tratta dalla Hirpina ad Orsara.

Per quanto ci si sforzi, restando nella logica, non si può attribuire altro significato alla “raccomandazione”, che, ovviamente, ha suscitato un diffuso allarme, seguito da argomentazioni tranquillizzanti provenienti dalle due parti opposte, la classe dirigente “di prima” e la classe dirigente “del cambiamento”.

Le argomentazioni rassicuranti di quelli “di prima” si possono, in ultima analisi, sintetizzare con l’affermazione “è una sciocchezza troppo grossa: non possono farla”.

Le argomentazioni rassicuranti di quelli “del cambiamento” non possono essere sintetizzate con altrettanta facilità. Oscillano tra “avete capito male: non vogliamo affatto cancellare la Stazione Hirpinia” a “il parere delle Commissioni parlamentari vale poco più di niente” a “la nostra intenzione è combattere gli sprechi nell’interesse del popolo e nell’interesse del popolo sarà completata l’AC Napoli-Bari”.

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Noi pensiamo che non ci sia da star tranquilli. Da troppo tempo in queste terre prevale la strategia del polpo. E ancor più ci allarma l’amara considerazione che il polpo deve cuocersi nell’acqua sua.

Quel che più ci preoccupa è l’espressione “variante di Grottaminarda” contenuta nel parere. Essa non è utilizzata nella bozza di Contratto di programma sottoposta a parere, né è stata mai utilizzata nella mastodontica documentazione che ha accompagnato tutte le fasi programmatiche e progettuali che hanno portato alla definizione del percorso Apice-Orsara. Non è stata mai utilizzata neppure negli infiniti incontri, convegni, seminari di studio e conferenze sull’argomento. E’ una formulazione lessicale che è stata promossa dai locali rappresentati della “maggioranza del cambiamento”, invece, di recente, in una limitata area della provincia di Avellino, coincidente, all’incirca con il capoluogo ed il suo hinterland.

In verità ci preoccupa molto anche il consiglio di destinare le risorse risparmiate al “alla progettazione e realizzazione immediata della nuova linea ed elettrificazione della linea Avellino-Benevento”. E’ un po’ come se alle famiglie grottesi che negli anni sessanta emigravano verso Modena, avessero consigliato di fare lo “scasamento”, invece che con un autocarro – tipicamente il glorioso Fiat 642 – utilizzando il calesse del nonno dopo aver provveduto a rimetterne a posto le ruote di legno. E risparmiare così un bel po’ di soldi, magari “scasando” non a Modena ma ad Atripalda.

A parte che l’ammodernamento della Avellino-Benevento è opera già finanziata e non ha nulla a che fare, né potrebbe avere a che fare, con l’Alta Capacità.

Un’ultima – si fa per dire – riflessione. Abbiamo sentito parlare, per tutta la scorsa primavera e per tutta l’estate e questa parte di autunno, di attività di governo fatta “col cuore”. Ci provoca un sorriso disorientato sapere che il polpo, di cuori, ne ha ben tre.

 

 

Le foto sono di Ugo Santinelli.

 

 

 

 

 

 

 

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