di ETIENNE DE LA BOÉTIE.
E’ incredibile come il popolo, dal momento in cui viene assoggettato, cada all’improvviso in un oblio della libertà talmente profondo che non gli è possibile destarsi per riottenerla; prende a servire così sinceramente e volentieri che, a vederlo, si direbbe che non abbia perso la sua libertà, ma guadagnato la sua servitù. E’ vero che all’inizio si serve perché costretti e sconfitti dalla forza; ma chi viene dopo serve senza rimpianti e fa volentieri quel che i suoi predecessori avevano fatto per costrizione. Così gli uomini nati sotto il giogo, nutriti e cresciuti in servitù, incapaci di guardare più lontano, si accontentano di vivere come sono nati; non pensano di avere altro bene e altro diritto se non quelli che hanno trovato, prendendo così per naturale la loro condizione di nascita”.
(dal “Discorso della servitù volontaria”, scritto da Etienne de la Boétie, giurista e umanista, nato il primo novembre 1530 e morto il 18 agosto 1563. Scrisse il discorso tra i 16 e i 23 anni, il testo ebbe circolazione clandestina fin o al 1576. Il manoscritto fu poi rinvenuto e pubblicato nel 1853).