di EMILIA CIRILLO,
l giovedì santo, di sera, andavo alla chiesa di fronte casa, quella del Cuore Immacolato di Maria per i Sepolcri. Mi piaceva osservare nella cappellina del Corpus Domini i cesti dei fiori senza profumo, il grano germogliato, i ceri bianchi che dovevano ricreare una forma astratta di corpo morto, uno spazio di lutto. Tentavo di pregare ma era come se nel mio cervello si facesse il vuoto. Cosa dire davanti al mistero della morte, se non immaginare una luce radente le pareti della chiesa, che ci avvolgesse tutti?
Mi chiedevo se le donne che si alternavano sull’inginocchiatoio di velluto rosso, le mani sul volto, riuscissero a pregare davvero, quali parole adoperassero, per essere ascoltate da quel vuoto. Malgrado la mia poca fede, però, restavo immobile, nella fila delle devote, sperando che la loro parola o un loro pensiero mi contaminasse. Non mi inginocchiavo, non riuscivo, fissavo i fiori, anturium rossi per qualche minuto poi cedevo alla fila che pressava, dietro di me.
Dalla chiesa del Cuore Immacolato andavo fino a quella dei Cappuccini, forse la chiesa più bella di Avellino, con quella parete di fondo rivestita di legno intarsiato, dove si ripeteva lo stesso rito, incenso, silenzio, fila, intenzione di preghiera, cappella con il grano germinato, candele, la mensa di legno di platano . E dai Cappuccini, se non si era fatto tardi, arrivavo alla chiesa San Ciro, la parrocchia della mia giovinezza, dove mi sedevo a un banco e restavo per un po’. Pensavo, fissavo il grano e i fiori bianchi, calle e ginestre, e cercavo di trovare il raccoglimento per pregare. Alla fine era sempre l’Ave Maria a venirmi alle labbra: pregavo una donna che conosceva i misteri del mondo, perché ero convinta che solo lei potesse capire il mio turbamento. Facevo i Sepolcri per trovare parole, una per ogni filo di grano germogliato, parole che potessero inscrivermi nel dolore di un corpo, nel mistero della sua resurrezione, che mi insegnassero il pianto e la speranza.
Oggi non è stato possibile in tutta Italia uscire e andare per Sepolcri. Sono restata in casa ad ascoltare la Messa officiata da don Sergio Melillo, Vescovo di Ariano Irpino, città assediata dal Covid-19, in isolamento da giorni.
Non avrei mai creduto che mi sarebbero mancati tanto i cari Sepolcri. Invecchio, ho bisogno dei miei piccoli riti, ho bisogno di consolidare la memoria. O forse ho solo bisogno di imparare a pregare e sperare in uno spazio astratto che mi accolga tra fiori che non danno profumo.
Le foto sono di Ugo Santinelli