Scomparse ad Avellino le storiche gallerie d’arte

di RICCARDO SICA.

 Un vuoto da colmare.

L’Ex Carcere borbonico, la Villa Amendola, il Circolo della Stampa, la Galleria Caracciolo in Piazza Libertà, il Museo Irpino a Corso Europa, l’Atrio del Teatro Gesualdo in piazza castello, insomma le sedi di istituzioni pubbliche, non riescono a rimettere in moto la loro attività. Il Comune e la Provincia rimangono fermi e bloccati dal coronavirus: non imboccano la via della ripresa. Bloccato anche il lavoro di avvio della ricostruzione e del restauro della Dogana.

Ciò che è più grave è che l’indomabile pandemia fa emergere più in generale il grande vuoto determinatosi progressivamente nella cultura artistica in Irpinia, dove,  nel capoluogo principalmente,  è scomparsa, senza accorgercene, una gloriosa pagina di storia e di arte, che non può, non deve essere dimenticata.  

Non si può rimanere indifferenti di fronte ad una lunga, nobile tradizione, dagli anni cinquanta del Novecento ad oggi, orgoglio e prestigio per l’Irpinia, che sparisce.

Sono  spariti  i luoghi di esposizione più conosciuti e frequentati dal pubblico: la Galleria Barzaghi a Corso Matteotti, la Galleria Lombardi-Arte al corso Emanuele, la Galleria Tarantino a Viale Platani, sostituita nel secondo decennio di questo secolo da un’altra Galleria diretta da Mario Guarini anch’essa scomparsa, la Galleria “Nuove Proposte” a Via  Trinità, la Galleria USAIBA a Via Mancini, le gallerie “Arte 33” di Marcello Serio al corso Emanuele e “L’Approdo” di Elide Rusolo a Via Matteotti.

Galleria “L’Approdo” di Elide Rusolo

Vi esponevano generalmente artisti già noti o in carriera sul mercato nazionale, a volte anche giovani talenti o famosi maestri, se mai presi in prestito da altre gallerie o centri d’Arte affermati sullo scacchiere nazionale. E vi esponevano, ovviamente, soprattutto gli artisti irpini, noti e meno noti, giovani ed anziani. Era un sogno, un’ambizione ardita per alcuni di loro fare una mostra personale presso una di queste affermate gallerie cittadine. Vi si esponeva il frutto di una stagione di ricerca compiuta: il che garantiva in parte la maturità e la qualità dei prodotti da esporre. Sì, è sorto recentemente un moderno Centro d’Arte contemporanea a Via Mancini, che saltuariamente offre interessanti proposte di avanguardia. Ma la mancanza attuale delle gallerie nel capoluogo fa avvertire lo stesso il disagio che ha determinato. E pensare che negli anni Sessanta ad Avellino l’arte si faceva nelle gallerie. I galleristi erano legati agli artisti e ai collezionisti non solo da rapporti di carattere professionale, ma anche da stima e amicizia reciproche. Questo aspetto si è andato progressivamente perdendo, fino a scomparire. La nuova istituzione di un Centro di Arte avanzata e sperimentale nel capoluogo di provincia come Avellino, collegandosi con altri centri sociali ed artistici non solo italiani, rischia però di favorire la commercializzazione a fini speculativi dell’arte e all’ascesa delle mega-gallerie con cui è presumibilmente in rete.

Il risultato di questa situazione in tempo di Covid in Irpinia è sotto gli occhi di tutti: molti artisti irpini, prima molto attivi e prolifici, sono diventati irraggiungibili, si sono ritirati nei propri studi o laboratori-buncker; e si è perso quello scambio di idee che era originariamente il cuore pulsante della galleria d’arte. Oggi, con lo sviluppo dell’informazione e delle piattaforme on line, digitalizzate, tutto è più codificato, contrattualizzato e il mercato ha assunto un ruolo centrale nel mondo dell’arte. Tuttavia, proprio ad Avellino esistono ancora, allo stato attuale, nonostante la devastazione pandemica, possibilità reali, cospicue, per i luoghi istituzionali della cultura artistica: p.e. prestare attenzione alla qualità di nuovi progetti (anche on line e digitalizzati) tenendo però sempre vivi ed aperti i rapporti sia con il grosso pubblico, sia con artisti e collezionisti e sia con critici e storici dell’arte. La galleria, tradizionale o moderna, ha ancora un futuro in Irpinia: la condizione è che sia concepita come un luogo aperto a tutti in cui proporre un approccio interdisciplinare alle arti, dall’antico al moderno e al contemporaneo. Occorre però oggi, ripetiamolo, che le gallerie d’arte non si rivolgano soltanto ai collezionisti, ma a tutti , anche anche agli studiosi in generale. Occorre, cioè, una maggiore democraticizzazione del mondo dell’arte. E della cultura in generale. Non si commetta in Irpinia l’errore in cui è già incorsa la Germania dove le gallerie restano un “luogo d’élite”, esclusivo solo per chi compra, avendo premura di rivolgersi quasi soltanto al pubblico a cui vendere, mentre, se si visita un museo, lo si troverà pieno di studenti, amanti d’arte e studiosi. In Irpinia il pubblico delle gallerie d’arte prima della pandemia già era cambiato rispetto a quello di qualche decennio fa. Ora, in tempo di Coronavirus, il futuro delle gallerie d’arte irpine è legato alla loro capacità di continuare ad essere un luogo di incontro tra pubblico, artisti, studiosi e collezionisti, dove vedersi preferibilmente di persona e costruire un percorso personale nell’arte. Ad Avellino s’addice la “galleria classica”, ma, nello stesso tempo, anche l’“home gallery”, un luogo aperto solo su invito e conosciuto solo attraverso il passaparola da pochi e selezionati amici di amici tra cui studiosi, appassionati e curiosi, che si prendono il loro tempo per approfondire tematiche e autori. E’ auspicabile che in Irpinia le gallerie si allineano alle gallerie italiane che stanno già diventando più democratiche, aperte a tutti gratuitamente. Si spera che, se mai con il contributo delle amministrazioni pubbliche locali, le gallerie in Irpinia possano offrire anche mostre di livello museale.

Ex carcere Borbonico e Villa Amendola

In alcune gallerie italiane, come sinora nelle gallerie irpine, mancano ancora, tuttavia, rapporti continuativi con studiosi e storici dell’arte, che sono invece all’ordine del giorno altrove, nel mondo anglosassone per esempio. Ma ci si sta lentamente muovendo in questa direzione. A livello di pubblico, la galleria d’arte ad Avellino, dunque, deve accogliere collezionisti, galleristi, storici dell’arte, giornalisti, così come studenti, appassionati d’arte e curiosi. La difficoltà di attrarre nuovo pubblico non dipende tanto da una mancanza di rapporto con quest’ultimo, ma da come lo si approccia. La comunicazione è fondamentale in questo senso, così come la qualità e l’inventiva dei progetti. Non si nasconde che l’attuale tecnologia non riesca a sostituire la fruizione diretta dell’opera d’arte ed a sublimare la voglia di uscire di casa. Ma ciò non significa, comunque, che bisogna impedire la possibilità di visualizzare lo spazio della galleria o del museo anche a chi, in tempo di Covid, non può o non riesce a passare in galleria di persona. Alla pandemia l’arte contemporanea in Campania ha già risposto positivamente, dando l’esempio: dal 17 al 19 dicembre 2020 si è aperta la mostra “Contemporaneamente – Appuntamento con l’arte contemporanea Napoli Campania” con cui la cultura fa rete con un’apertura inedita su tutto il territorio: oltre 30 spazi (da Alfonso Artiaco a Umberto di Marino, da Annarumma a Casamadre, fino a Thomas Dane) hanno aderito a un progetto senza precedenti per la promozione dell’arte. Si tratta di una nuova sfida per il settore dell’arte, che avremmo voluto che coinvolgesse anche Avellino e l’Irpinia. Questo tipo di progettualità, del network delle gallerie, aveva già visto la luce oltre che all’estero (in primo luogo a Berlino) in città come Milano e Torino. I tempi sono cambiati: ma  nella resilienza in tempo di pandemia Avellino si faccia protagonista. Sulla scia della nobile tradizione irpina, di quella gloriosa pagina di storia e di arte che, come dicevamo prima, s’è consunta ma non per questo si è o deve essere dimenticata.

Galleria Caracciolo in Piazza Libertà

Museo Irpino

Galleria di quadri al Polo Museale della Diocesi di Avellino

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