Un Natale mai dipinto

Saudade di Natale

di RICCARDO SICA.

Un Natale così triste e grigio, in bianco e nero, come quello di quest’anno, non c’è mai stato. E, perciò, non è stato mai dipinto.

Eppure  c’è un  dipinto, Saudade, di  José Ferraz de Almeida Júnior, uno dei  più importanti esponenti del “realismo” brasiliano, (1899), Pinacoteca do Estado de São Paulo, che traduce efficacemente, a nostro giudizio, in una indimenticabile  immagine poetica, quel sentimento di  tristezza e di grigiore che accompagna il nostro animo in questi giorni di festività natalizie. Un sentimento che non sappiamo esprimere con altra parola se non con quella di “saudade”, la parola che, appunto, dà il titolo al dipinto citato. Come Wikipedia riferisce, “si può avere saudade di molte cose:

di qualcuno che non c’è più,

di qualcuno che amiamo e che è lontano o è assente,

di un caro amico,

di qualcuno o qualcosa che non si vede da tantissimo tempo,

di qualcuno con cui non parliamo da molto tempo,

di un luogo caro (la patria, il proprio paese, la propria casa),

di un cibo,

di situazioni,

di un amore.

Di tutte queste cose l’uomo oggi ha saudade, attanagliato com’è nella morsa di un’invincibile pandemia. “Saudade”: non troviamo parola, altra o/e diversa, che possa esprimere lo strano, inedito, sentimento natalizio di quest’anno. Nella cultura lusitana, prima  portoghese e poi brasiliana, la parola saudade indica una forma di malinconia affine alla nostalgia. Essa deriva etimologicamente dal latino solitùdosolitudinis, solitudine, isolamento e salutaresalutatione, saluto.

Malinconia, nostalgia, solitudine, isolamento e desiderio di saluti (sia pure a distanza): sono i segni distintivi dell’arrivo di questo Natale. Un Natale che sarà indimenticabile proprio a causa della saudade, che è un miscuglio di malinconia e di mancanza, persino di ciò che non abbiamo ancora perduto ma sappiamo che perderemo; un misto legato, tuttavia, ad un “ricordo felice”, quello del Natale di una volta che, infatti, continua a restare felice, nonostante tutto.

Anche nel dipinto citato di José Ferraz de Almeida Júnior il volto turbato della fanciulla che legge la lettera esprime saudade per l’amato lontano. La sadade a noi proviene dal grigiore dei tempi difficili che stiamo vivendo e dal senso di mancanza, nella consapevolezza che il vero Natale (quello di sempre) quest’anno non c’è. Sicchè proviamo quella strana sensazioneche nella lingua napoletana e nei dialetti meridionali è detta “pucundrìa” e racchiude in parte quel senso di profonda malinconia dell’anima che la Saudade di José Ferraz de Almeida Júnior evoca attraverso i colori. Alla “saudade” Pino Daniele, nel suo terzo album “Nero a metà ” del 1980, ha dedicato una canzone dal titolo “Appocundrìa”, appunto, in cui narra di questo sentimento, struggente più della solita malinconia comunemente intesa, un misto di tristezza e malinconia di cui non si riesce a spiegare il motivo preciso. La “saudade- come si legge in Wikipedia- è una specie di ricordo nostalgico, affettivo, di un bene speciale che è assente, accompagnato da un desiderio di riviverlo o di possederlo”. In molti casi una dimensione quasi mistica, come accettazione del passato e fede nel futuro. In noi è il desiderio nostalgico del Natale degli anni passati e la speranza di riaverlo in un futuro prossimo. Ciò, nella consapevolezza che il Natale di quest’anno non è il “vero” Natale. Non è il “solito” Natale, ricco di gioia festosa, quale noi conoscevamo ed amiamo per averlo vissuto fino all’avvento del devastante Coronavirus che ancora ci assedia e ci attanaglia…

Il Natale, quest’anno, è un Natale “in bianco e nero”. Ha il grigiore della triste realtà pandemica che ci circonda, con le sue restrizioni ed impedimenti, con le sue sofferenze e difficoltà.

E, pertanto, non è un vero Natale. E’ un Natale mai dipinto.

Il vero Natale è tripudio di luci e di gioia. Di vitalità e di futuro. E’ “a colori”. E’ il Natale dipinto in tanti capolavori di artisti famosi.

Quest’anno potremmo vederlo, il vero Natale, solo nelle “cartoline a colori”. Oppure potremmo riscoprirlo nelle opere d’arte, come, p.e., nei due dipinti, L’Adorazione dei pastori e la Nascita del Bambino di Gerrit van Honthorst, fanali di luce abbagliante nella notte, che hanno ancora il potere di continuare a farci sognare e, forse, persino a sorridere…

Proprio questi dipinti, quest’anno, vogliamo contemplare più intensamente, perchè vogliamo continuare ad essere ancora ottimisti, condividendo l’opinione dello scrittore Antonio Tabucchi secondo cui la saudade  è ” un senso di nostalgia non soltanto legato al ricordo del passato ma anche alla speranza verso il futuro”. Vogliamo credere, cioè, che la saudade che stiamo vivendo oggi, anche a Natale, sia solo struggimento e tristezza di un ricordo felice, che, comunque, si potrà ripetere in un futuro molto vicino. In tal senso, la “saudade” sarebbe ciò che Dante chiamava semplicemente desìo”: «Era già l’ora che volge il disìo /  ai navicanti e ‘ntenerisce il core / lo dì c’han detto ai dolci amici addio» (Dante, Divina Commedia, Purgatorio, Canto VIII).

Natale 2021

Riccardo Sica

Gerrit van Honthorst, Adorazione dei pastori, Museo Civile di Nantes, 1625 c.
Gerrit van Honthorst, La Nascita del Bambino, Galleria degli Uffizi, Firenze

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