Il monito nel S. Pietro Penitente della pittura del Seicento a Napoli.
di Riccardo Sica.
Soprattutto nel momento del trapasso, dinanzi alla morte, ci rendiamo conto che non siamo ciò che credevamo di essere. Ce lo insegna, in questi giorni di pandemia, di guerra e di morte nel mondo il tema di S. Pietro penitente rappresentato in dipinti di eccezionale vigore e valore artistico del Seicento napoletano. Nel Seicento a Napoli, infatti, quattro dipinti s’imposero nel panorama artistico meridionale per la forza rappresentativa ed espressiva d di questaa singolare figura di San Pietro penitente, precisamente quelli di Guido Reni, Francesco Fracanzano, Ribera e Hendrick van Somer. Se non sbaglio il prototipo del Santo che rivolge lo sguardo in alto in segno di devozione al Signore e di travaglio interiore fu creazione di Guido Reni.
E fu poi ripreso universalmente dai tantissimi pittori che nel tempo si cimentarono in tale soggetto. Fu appreso anche da Cesare Fracanzano nella bottega del Ribera. Le tele trovano, non a caso, per analogie ed affinità stilistiche ed iconografiche, unriferimento preciso nel S. Pietro Penitente del Ribera a Napoli. Tra i quattro piccoli dipinti noi preferiamo il S. Pietro penitente del Somer, il quale non a caso figura degnamente, quale protagonista, sulla copertina dell’ultimo numero della pregiata rivista culturale “Nuovo Meridionalismo” diretta da Generoso Benigni e Giuseppe Iuliano.

San Pietro è rappresentato da Van Somer nell’atto di ascoltare la voce dall’altodel Signore e di fare i conti con quel che veramente egli è. Soprattutto nel momento del trapasso, dinanzi alla morte, ci rendiamo conto che non siamo ciò che credevamo di essere. Ci pentiamo, per esempio, di non essere stati fedeli al proprio amore, genitori migliori, compagno di vita piú attento. San Pietro prende consapevolezza di non essere stato fino in fondo fedele a Gesù, e di averlo tradito. Prende consapevolezza di non essere, pertanto, il genere di uomo fedele a Gesù che credeva di essere o che voleva essere. Per tre volte l’Apostolo Pietro negò Gesù, con convinzione sempre maggiore. «Non conosco quest’uomo», urlò alla fine. Il Vangelo di Luca narra che alla terza volta Gesú si girò per guardare Pietro. E Pietro fuggí andando a versare lacrime amare. Col suo sguardo di comprensione Gesù spezza il cuore di Pietro. Ma in quel momento Pietro incomincia a maturare la consapevolezza di sé: possiamo andare avanti nell’esistenza senza sapere chi siamo fino a quando la giusta combinazione di circostanze ci mette alla prova rivelando il nostro vero carattere.
In questo dipinto il pentimento induce San Pietro a struggersi di dolore e di rimpianto. Egli è raffigurato col volto affranto d’angoscia, qualche istante dopo aver tradito Gesú. Piange e noi vorremmo piangere insieme a lui, asciugargli le lacrime non trattenute.
Il piccolo gioiello, San Pietro penitente, è un” capolavoro assoluto”: esce dalle mani di Hendrick van Somer (Amsterdam 1615-1684/5 Napoli), un pittore la cui vicenda artistica si svolse interamente a Napoli, alla cui insigne scuola secentesca la sua opera va pienamente ascritta. Si avvicina moltissimo, per iconografia e stile, al S. Pietro penitente di Francesco Fracanzano.

La tela trova, per analogie ed affinità stilistiche ed iconografiche, unriferimento preciso nel S. Pietro Penitente del Ribera a Napoli. Dal Ribera, alla cui bottega si formò, Van Somer mutuò l’elemento più caratterizzante della pittura ritrattistica: la raffigurazione di “persone anziane, con epidermidi severe, rugose e talora insecchite, dalla alta e cruda intensità visiva”. Ci riferiamo soprattutto alla serie di ritratti ribereschi di santi e apostoli e alle composizioni dei martiri a mezzo busto o a tre quarti tra i quali spiccano i ritratti di San Girolamo.

S. Pietro Penitente di Van Somer risente, più precisamente, dello stile che Ribera assunse con una connotazione estremizzata del “naturalismo caravaggesco”: una sorta di peculiare corrente artistica del “caravaggismo“, detta “tenebrista“, dove gli elementi ripresi “dal vero” vengono volutamente esasperati. Hendrick van Somer fu punto di riferimento del movimento pittorico sorto intorno alla bottega del Ribera a Napoli, che formò artisti come Luca Giordano (successivo dominatore della scena artistica partenopea), Aniello Falcone, Juan Do, Giovanni Ricca, i fratelli Francesco e Cesare Fracanzano, Bartolomeo Bassante e, appunto, il fiammingo Hendrick Van Somer.

A qualificare lo stile di questo dipinto, tuttavia, sono soprattutto un’accentuata lucentezza cromatica ed una “verità fotografica” dei particolari tanto vicina alla “realtà” e alla “natura”. Perciò sinora si è parlato giustamente di ” naturalismo” e idi” realismo” da parte della critica a proposito di questo dipinto.
Nel S. Pietro penitente la tavolozza mitiga il tenebrismo riberesco aprendosi al colore neo-veneto con cui supera il chiaroscuro caravaggesco. Sicchè essa si arricchisce di ulteriori influssi di altri maestri napoletani che si affermavano in quegli anni, quali Massimo Stanzione e Bernardo Cavallino. Ma, alla base dell’esecuzione del dipinto in questione, c’è pur sempre l’applicazione della “tecnica tenebristica”: infatti, tra contrasti di luci e ombre, la testa di S. Pietro viene illuminata attraverso una fonte di luce principale e direzionata, proveniente obliquamente dall’alto, da un punto fuori del quadro, verso cui si solleva lo sguardo interessato ed attento del Santo. Del resto, è proprio l’uso della luce direzionata a consentire all’autore la particolare attenzione per i dettagli del personaggio protagonista della scena, nonchè degli altri elementi compositivi, anch’essi messi in risalto dai forti contrasti cromatici.
Il risultato è evidente: grazie alla lucentezza dei colori (come nelle lacrime agli angoli degli occhi), superando il chiaroscuro stanzionesco, già caravaggesco, questo San Pietro Penitente rasenta quasi la soglia della fotografia. Nella “verità di natura” dei particolari epidermici, anatomici e psichici del personaggio, trova la sua piena espressione l’originalità dello stile. E’ lo stile che nel tempo fece evolvere verso un classicismo neoveneto i pittori partenopei coevi e di generazioni successive, segnando in maniera indelebile tutta la pittura napoletana del Seicento. E’ merito riconosciuto a Van Somer, infatti, quello di aver saputo orientare con l’esempio delle proprie opere la pittura nella città di Napoli trovata in fermento al suo arrivo. Provvidenziale per Van Somer fu a Napoli il pieno appoggio del Ribera: per l’esercizio degli influssi reciproci, il San Pietro Penitente del Somer si accosta al San Pietro penitente eseguito dalRibera a Napoli (tra il 1616 e il 1617) per volere di donna Catalina Enriquez de Ribera, moglie del viceré.
Meritatamente Van Somer, assieme a Battistello Caracciolo, fu considerato nel Meridione uno dei più importanti pittori della prima metà del Seicento. Questo piccolo gioiello pittorico che vi presentiamo ce lo riconferma.
Riccardo Sica