di FRANCO FESTA.*

Ettore De Socio è stato l’esempio concreto di una sinistra meridionale che è riuscita a coniugare tensione ideale e impegno fattivo, radicalità e senso pratico, eticità ed eccellente capacità amministrativa. In un Mezzogiorno nel quale interi settori del centrosinistra, in primis del PD, naufragano ormai nell’incapacità e nel pressapochismo, nel maneggio senza scrupoli del denaro pubblico e nella svendita di ogni idealità, diventando essi il problema dell’arretramento complessivo e non la soluzione, personalità come quella di Ettore De Socio -e di Antonio Di Nunno con cui amministrò il comune capoluogo in anni indimenticabili- indicano anche oggi non un riferimento nostalgico, ma una emozionante e coraggiosa via per uscire dalla crisi. Il tema della fedeltà alle proprie idee, lo sappiamo, è un tema turbante per molti, perché farlo costa spesso incomprensione e solitudine, perdita di privilegi, isolamento. Eppure, in un momento devastato dalla perdita di ogni orizzonte alto, in cui sembrano prevalere meschini figuranti privi di ogni cultura o pensiero ma abili solo a perpetuare il vecchio regime clientelare, fa bene al cuore scoprire che c’è stato anche chi si è affannato a ricostruire pazientemente, volta per volta, una speranza di cambiamento. Una speranza coerente con i suoi anni giovanili, vissuti sempre con il suo eterno eskimo verde e caratterizzati prima dalla radicale esperienza di san Ciro con padre Pio Falcolini e don Michele Grella, poi dalla militanza nel PCI sul terreno del rinnovamento del partito. Un desiderio di cambiamento alimentato, anche da adulto, da una sensibilità sempre vicina ai più deboli, ai sofferenti, agli ultimi, non però in una visione sterile di eterna opposizione, ma in una prospettiva di possibile governo, come fino alla fine, con l’esperienza di “Controvento”, ha testimoniato. Va aggiunto solo che questa coerenza profonda Ettore De Socio l’ha esercitata sempre, a tutti i livelli, anche all’interno dell’INAIL, istituto in cui ha raggiunto livelli apicali, o del Conservatorio di Avellino, di cui è stato Presidente. Ma è nella pratica giornalistica, il suo grande amore per decenni, che essa ha trovato la più fervida realizzazione. E’ lungo l’elenco del suo lavoro nel settore, dagli anni ‘70, in cui fu corrispondente di Paese Sera e della Voce della Campania, agli anni ‘80, caratterizzati dal suo impegno sull’Unità e in varie testate radiofoniche e televisive, come Radio Avellino, Radio A3 e Telelodo, fino alla collaborazione negli ultimi anni al Corriere dell’Irpina e al Quotidiano del Sud, come il direttore Gianni Festa ha magistralmente ieri ricordato**. In questo lungo cammino di cronista Ettore non si è mai rinchiuso in uno sterile starnazzare sulle disgrazie urbane, in un moralismo lamentoso e interessato, ma ha sempre indagato, con una prosa rigorosa e asciutta, sui problemi della città, specie delle periferie, dando voce a tutti, raccogliendo testimonianze e punti di vista, con un solo scopo: aiutare a trovare soluzioni, per migliorare lo stato di cose presenti. Un maestro, dunque, di un giornalismo che non potrà mai passare di moda, anche se costa fatica, impegno, e soprattutto pretende spirito libero. Come si vede, il quadro che scaturisce da queste brevi riflessioni ci restituisce un personaggio che è davvero il simbolo di un possibile riscatto meridionale, perché fondato sulla onestà intellettuale, sul rigore etico e ideale, sul lavoro competente, paziente e costante, su una visione moderna dei problemi. Chi legge mi consenta solo un breve richiamo privato. Questa autenticità Ettore l’ha conservata anche nei rapporti personali, anche nella mirabile capacità di ascolto, anche nell’affetto senza riserve donato a chi davvero gli è stato vicino. Superata l’ iniziale diffidenza, la scontrosa ritrosia propria di un carattere burbero , usciva alla luce un uomo di inenarrabile tenerezza, di sconfinata bontà e dolcezza. “Come stai?” ha chiesto lui a me, appena qualche giorno prima di lasciarci, con un filo di voce, già vicino all’agonia. Come stai: una domanda sincera, commovente, non formale, come capita ogni giorno con tanti, e che lui, capite, lui in quello stato, faceva a me.
Per tutto questo, per quanto di pubblico e di privato abbiamo provato a delineare in questo breve ritratto, la sua scomparsa segna per tutti una gravissima perdita, ma è anche una mirabile, luminosa lezione di vita per uscire dalle miserie del presente.
*SUL QUOTIDIANO DEL SUD del 20 ottobre 2022