La “divina natalità” (il Presepio e gli affreschi) nella cripta della concattedrale di S. Amato a Nusco
di Riccardo Sica
Buon Natale, buona natalità! Il Natale, quest’anno, si carica di significato e valore particolari. Assume un’importanza eccezionale: si propone come una pausa di conciliazione e di pace nel tormento infinito della pandemia in atto, come il desiderio di un momento da auspicare di serenità e di raccoglimento nel calore degli affetti familiari più intimi in tempo di guerra; e, soprattutto, come l’irrinunciabile auspicio che “nascano “ tempi migliori, nel segno , appunto, della “rinascita”. In Italia si vive una grave emergenza che ne minaccia la stessa sopravvivenza: è il Paese che fa meno figli al mondo, mentre i decessi superano di gran lunga le nascite. Ecco perché, allora, potrebbero essere proprio la bellezza e il fascino della natalità espressi nei capolavori d’arte ispirati al Natale (alla Natività di Gesù) ad alleviare la sofferenza in un momento storico difficile come questo che stiamo attraversando. Per tali ragioni intendiamo dedicare, più in generale, alla “natalità” il Natale di quest’anno e l’artistica “Natività” ammirabile a Nusco, un paesino remoto dell’alta Irpinia , destinato, infatti, all’estinzione per via dell’inarrestabile spopolamento e dell’emigrazione: quella “Natività”, infatti, pur nello squallore della solitudine della grotta in cui è ambientata, con la sua poetica, arcana, suggestiva e misteriosa primitività, sembra voler inneggiare, per contrasto e per ironia della sorte, proprio alla natalità, alla procreazione. Essa, nella Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco, si configura come un’opera presepiale ridotta all’essenzialità di due sole statue (la Madonna, distesa su di un giaciglio e San Giuseppe che le è di fianco) ma arricchita e completata da alcuni lacerti di affreschi, alcuni anche posteriori al XIII secolo, che raffigurano la nascita e la vita di Cristo. La rinvenne, questa Natalità-Presepio, nel 2004, Don Dino Tisaco, parroco di Nusco, nell’intercapedine della citata cripta completamente ricoperta di calce e pietrisco, dietro ad un muro costruito per rinforzare la Chiesa sovrastante: la intravide attraverso una piccola fenditoia semicircolare aperta probabilmente per passare l’aria. In uno degli affreschi la Madonna si tocca con la mano sinistra il ventre stringendo un lembo del mantello rosso: proprio il colore rosso del manto induce a pensare che l’opera sia stata realizzata prima del XVI secolo, quando la Madonna, infatti, come ci suggerisce il ricercatore Marco Di Donato, veniva raffigurata con il vestito azzurro e il mantello rosso, mentre successivamente sarebbe stata raffigurata con i colori invertiti. La Madonna appare sotto un manto di stelle, alcune simili a stalattiti che pendono dal soffitto. Quando nacque Gesù, il tempo si fermò per qualche istante. Per questa ragione nel primo affresco alla sinistra di Maria non a caso sono affigurati alcuni animali muti ma con la bocca aperta per lo stupore per il tempo che si era fermato (l’episodio è narrato da Giacomo). In una scena si osservano due pastori e due angeli con la scritta “Ave Maria”. Forse più che di due pastori si tratterebbe di due frati minori in quanto portano i calzari che indossavano i frati minori nel XII/XIII secolo. La presenza di un sepolcro nella rappresentazione fa esplicito riferimento alla Resurrezione di Cristo..
Interessante è l’affresco dell’”Adorazione dei Magi”. Accanto ai Magi vi é un personaggio moro, probabilmente un accompagnatore che indossa anch’egli i calzari da frate minore, “non indossati ai tempi di Gesù” (Marco Di Donato )”. Assai suggestivo appare l’affresco raffigurante Gesù bambino che fa il bagno in una vasca a forma di coppa (Gesù nella coppa). Di Donato: “E’ facile cadere nei soliti luoghi comuni relativi al Santo Graal e al simbolismo che esso rappresenta anche in riferimento ai Cavalieri Templari (visto il periodo storico di realizzazione dell’affresco che è stato datato a fine 1200) e alla tradizione celtica.” Forse si allude al significato simbolico della coppa, che è ” contenitore di sapienza”. Anche nel Duomo di Napoli costruito nel XIII secolo, sempre per volere della famiglia d’Angiò, era presente un’opera presepiale con caratteristiche simili a quella di Nusco. L’opera presepiale di Nusco venne coperta con calce e chiusa da un muro. Perché? Molto probabilmente per la situazione creatasi a seguito del Concilio di Trento che, svoltosi nel XVI secolo (tra il 1545 e il 1563), “si concluse con il rafforzamento dell’autorità papale e un totale controllo sulla società e religiosità” (Di Donato). Infatti, precisa lo studioso, qualche anno prima e precisamente nel 1542 venne ripristinato il Tribunale della Santa Inquisizione e nel 1543 venne ripristinata la censura alle opere considerate scandalose per la dottrina cattolica i cui autori sarebbero poi stati inquisiti dal Tribunale ecclesiastico” (Marco di Donato). Se molte opere furono distrutte, altre, come opportunamente osserva il Di Donato, “fortunatamente furono solo coperte, forse con la speranza che qualcuno, in tempi migliori, potesse riscoprirle e donarcele in tutto il loro splendore”. Secondo l’ipotesi interpretativa del primo scopritore, il parroco don Dino, “tutta l’opera presepiale venne eseguita da alcuni frati francescani molto legati ai frati conventuali, nonché stretti collaboratori della famiglia d’Angiò, re di Napoli. La presenza di questa singolare opera presepiale in un piccolo paese come Nusco si spiegherebbe c in ragione del ’importanza che aveva questo luogo nell’antichità: qui erano presenti importanti personaggi come Guglielmo da Nusco, consigliere di Sancia di Maiorca, moglie di Roberto d’Angiò (Vecchiarella).
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Già nel 2016, con l’articolo “Arte e fede a Nusco nel medioevo angioino” pubblicato su “Il Quotidiano del Sud”, ci occupammo di questa singolare Natività (o Presepio) a Nusco costituita da due sculture in pietra calcare del XII-XIII sec. (nostra attribuzione) e da frammenti di affreschi non solo medioevali. E’ quasi una rappresentazione teatrale con pastori a grandezza naturale inscenata sul posto nel contesto diruto (quasi ad evocare, in una dimensione ideale, il crollo del Tempio della Pace a Roma quando una vergine avesse partorito) dal cui strato sottostante emergono figure pittoriche ad affresco che completarono l’apparato iconografico del gruppo scultoreo della Madonna e S. Giuseppe. E’ una singolare rappresentazione di “presepio”, cioè della “ nascita di Gesù”, ridotta alle sole figure della Madonna partoriente supina sul letto e di S. Giuseppe. Essa ha avuto origine da tradizioni medievali: evoca infatti il “presepe vivente”, in cui sembrano agire persone reali, che fu di origine medievale (e che ha avuto nei secoli successivi una notevole diffusione in Italia, specie negli ultimi decenni). Preferiamo usare deliberatamente il termine “Presepio” a proposito della Natività di Nusco perché esso è utilizzato ( invece di “Natività”) proprio nel periodo di sua appartenenza, cioè verosimilmente nel XIII secolo, oltre che in Italia, anche in Ungheria, dove giunse attraversando Napoli nel XIV secolo quando un discendente di Angiò divenne re di quelle regioni, Portogallo e Catalogna. Allora in Irpinia, e a Nusco in particolare, erano presenti “importanti personaggi come Guglielmo da Nusco, consigliere di Sancia di Maiorca, moglie di Roberto d’Angiò”(Fiorentino Vecchiarelli). Il presepio in questione si differenzia dalle “sacre rappresentazioni” delle varie liturgie celebrate nel periodo medievale in cui non c’è la presenza della Vergine Maria, di San Giuseppe e di Gesù Bambino ma, nella grotta, solo di una mangiatoia ( “greppia”, da cui “Presepe di Greggio” o Greppio) sulla quale era stata deposta della paglia insieme al bue e all’asinello. Per quanto la valutazione sulla valenza storica dei racconti evangelici sulla Nativitàsia oggetto tuttora di controversie, l’autore del Presepio di Nusco sembra aver accettato i testi di Matteo e Luca che concordano sull’evento centrale, che verifica, secondo l’interpretazione cristiana, la profezia dell’Antico Testamento: la nascita di Gesù a Betlemme (Michea, 5,1) da una vergine (Isaia 7,14). Il Presepio di Nusco accetta, inoltre, il racconto di entrambi i vangeli che riferiscono della nascita al “tempo di re Erode“, il nome dei genitori (Maria e Giuseppe ), gli unici protagonisti presenti nella scena scultorea, e il concepimento verginale per opera dello Spirito Santo.Il gruppo in pietra (Madonna e S. Giuseppe) del Presepio di Nusco si attiene, dunque, ai vangeli canonici e ignora totalmente i Vangeli Apocrifi (fatta eccezione per gli affreschi sulle pareti). Infatti in esso mancano il bue e l’asinello non previsti dai vangeli canonici e previsti invece sia dal protovangelo di Giacomo e sia da un’antica profezia di Isaia che scrive “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone” (occorre precisare però, fra parentesi, che Isaia non si riferiva esplicitamente alla nascita del Cristo e l’immagine dei due animali venne utilizzata comunque come simbolo degli ebrei, rappresentati dal bue, e dei pagani, rappresentati dall’asino). Non compare la stalla o la grotta in cui nacque il Messia perché non prevista nei Vangeli canonici. Più precisamente, secondo noi, per il suo impianto iconografico ilPresepio di Nusco si ricollega direttamente al primo presepe scolpito a tutto tondo che si conosca e cioè a quello conservato nella Basilica di Santo Stefano di Bologna, il cui autore reca il nome convenzionale di “Maestro del Crocifisso”. L’opera, scolpita da tronchi di tiglio e di olmo forse nell’ultimo decennio del XIII secolo, rimase senza coloritura fino al 1370, quando il pittore bolognese Simone dei Crocefissi fu incaricato di dipingere le statue, usando una ricca policromia e doratura, con il suo personalissimo stile gotico. Anche nel Presepio di Bologna mancano il bue e l’asinello previsti dal protovangelo di Giacomo ma non mancano i Re Magi, che mancano invece nel Presepio scolpito di Nusco ma che sono presenti nei suoi affreschi. La rappresentazione nuschese è quella classica della Sacra Famiglia in una grotta che trae origini dai Vangeli di Luca e Matteo e inizia con la prima raffigurazione pittorica nelle Catacombe di Priscilla del III sec. d.c. Tuttavia essa presenta eccezionali innovazioni iconografiche nelle immagini degli affreschi che si ispirano, invece, ai Vangeli apocrifi ed appartengono, infatti, a nostro avviso, ad epoca posteriore (degli affreschi ci occuperemo successivamente, in altra sede). L’originalità che si riscontra nella Cripta di Nusco è proprio la compresenza delle immagini scultoree strettamente legate ai vangeli canonici e le raffigurazioni in affresco che, arricchendo la composizione d’insieme, si attengono ai vangeli Apocrifi. Sotto questo aspetto il complesso scultoreo e pittorico rinvenuto costituisce forse, nel suo insieme, un unicum medioevale nella storia dell’arte italiana. Il soggetto non si limita ad essere quello della vera Natività che comincia ad essere raffigurato nel V sec., dopo la canonizzazione a seguito del Concilio di Efeso del 431 con cui, si sa, si proclamò la “divina maternità”. Esso si ambienta, a Nusco, in una specie di grotta ideale quasi naturale (per quanto si tratti di una cripta) con Maria distesa come una “puerpera”, adagiata su un umile, nudo piano-letto avvolta da un manto e con S. Giuseppe, un vecchio con una lunga barba ed un’ampia toga raccolta su un braccio, che è seduto in un angolo, assorto. A completare l’apparato scenico intervengono le immagini dei lacerti di affresco emergenti dal profondo strato tufaceo che vengono tratte – inequivocabilmente- dai Vangeli Apocrifi. Infatti al centro della composizione, sulla parete tufacea, appare la scena (tratta da un vangelo apocrifo, così naturalistica da sembrare reale, vera) del Bagno del Bambino Gesù in un recipiente metallico di acqua, a sottolineare la realtà dell’incarnazione del Verbo, vero Dio e vero Uomo. Questo schema persistette, come si sa, fino al medioevo. Nel Museo di Treviso c’è un affresco (per la verità un lacerto superstite) in cui compare la scena del lavaggio del Bambino Gesù in un recipiente che è tale e quale a quello rappresentato nell’affresco della Cripta di Nusco: è di epoca pregiottesca! Al Medioevo va assegnata, dunque, a nostro parere, la Natività di Nusco, ad un’epoca forse addirittura di poco anteriore a quella di appartenenza della Natività (o Presepio) della Chiesa di S. Spirito a Bologna a cui incontrovertibilmente si richiama. Il Presepio di Bologna fu eseguito nell’ultimo decennio del XIII secolo, quando la Natività, nuovamente ambientata in una capanna, si trasformò in un’Adorazione dei Magi (Selenia De Michele, La Natività: nascita e sviluppo di un soggetto iconografico, Cfr. ). Più precisamente riteniamo che ai primi decenni della seconda metà del XIII secolo (se non proprio alla fine del XII sec.), a nostro giudizio, dovrebbe essere assegnata, invece, questa eccezionale Natività che s’ammira nella Cripta di Nusco. Del resto non a caso la Cripta in cui la Natività è allogata, di stile romanico di transizione, è del XII-XIII sec. Il volto di S. Giuseppe ed il monolitico suo corpo, massici ed appena abbozzati, denotano una tecnica ingenua ed espressiva, non ancora raffinata come invece lo è quella nel Presepio di Bologna, dove sono più definiti i particolari, per esempio i riccioli della lunghissima barba. A Nusco ci troviamo di fronte ad un gruppo scultoreo che, per la primitività espressionistica delle figure, ci ricorda i rilievi tufacei visibili nel Chiostro dell’Abbazia di Eschau risalente agli anni 1150-1180 ( Fig.2). Non ci nascondiamo qualche dubbio, tuttavia, circa l’anonima ambientazione della scena: si può parlare di “grotta”, dando per scontato che l’attuale complesso architettonico (fino a poco tempo, ripetiamo, fa murato dalla parete che è improvvisamente crollata aprendo allo sguardo il Presepio) sia quello prescelto all’origine appositamente per la rappresentazione presepiale? In tal caso la scelta fatta corrisponderebbe ad una indicazione dei vangeli apocrifi o a quella dei vangeli canonici? Sebbene Luca citi i pastori e la mangiatoia, nessuno dei quattro evangelisti parla esplicitamente di una grotta o di una stalla. In ogni caso la Basilica della Natività sorge a Betlemmeintorno a quella che è indicata dalla tradizione come la grotta ove nacque Cristo (e quest’informazione si trova nei Vangeli apocrifi). Tuttavia, va osservato che l’immagine della grotta è un ricorrente simbolo mistico e religioso per molti popoli soprattutto del settore mediorientale: basti pensare che si credeva che anche Mitra, divinità persiana venerata anche tra i soldati romani, fosse nato da una pietra. E la grotta è anche un antichissimo simbolo cosmico. Scrive a questo proposito Porfirio: “Gli antichi consacravano davvero opportunamente antri e caverne al cosmo, considerato nella sua totalità o nelle sue parti”. La grotta è il luogo dove si trovano le acque primordiali che provocano la nascita e rinascita ad una nuova vita” . Forse potrebbero avere un senso alcune coincidenze: il fatto che la Chiesa di S. Stefano a Bologna sia intitolata allo stesso santo a cui fu dapprima dedicata la Concattedrale di Nusco dal cittadino e primo vescovo di Nusco, Amato Landone, che si distinse per la vita in odore di santità di cui si tramandano tutt’oggi, tra storia e leggenda, molte gesta.L’esistenza dei due Presepi, rispettivamente uno a Bologna ed uno a Nusco, non a caso si registrerebbe, pertanto, proprio in due chiese dedicate a S. Stefano: il Santo fu fermo assertore della veridicità dell’avvento di Gesù (Natività) che difese, fino al martirio, contro i pagani miscredenti. Comunemente si dice che Santo Stefano (… – Gerusalemme, 36), il primo dei sette diaconi scelti dalla comunità cristiana perché aiutassero gli apostoli nel ministero della fede, fosse ebreo di nascita (in verità se ne ignora la provenienza). Si suppone che fosse greco: in quel tempo Gerusalemme era infatti un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse. Si è pensato anche che fosse un ebreo educato alla cultura ellenistica: certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiano e a seguire gli apostoli. Fu il protomartire, cioè il primo cristiano ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo. Non si limitò infatti al lavoro amministrativo ma fu attivo nella predicazione fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertì alla fede in Gesù crocifisso e risorto ( non a caso la fede in Gesù crocifisso e risorto esprime anche il maestoso Cristo Triunfans ligneo pressochè coevo ( XII sec.) al Presepio di Nusco che fino a prima del terremoto del 23 novembre 1980 era nella Chiesa Madre di Mirabella Eclano).Il Vescovo Amato, dopo aver riunito durante il suo ministero fra le mura del castello di Nusco gli abitanti delle contrade adiacenti e dopo aver restaurato molte chiese preesistenti, ne edificò diverse nuove, tra cui, appunto, la chiesa Concattedrale che volle dedicare al protomartire Santo Stefano di cui era intensamente devoto. Si sa che l’arcivescovo di Salerno consacrò sant’Amato primo vescovo della Diocesi di Nusco, in virtù del suo zelo dimostrato.S. Amato, morto il 30 settembre 1093, lasciò tutti i suoi averi alla neonata diocesi di Nusco come risulta dal suo testamento (Cfr. la cosiddetta Chartula Iudicati, tutt’oggi conservata nell’archivio della Cattedrale). Nella cripta della Cattedrale di Nusco dove si situa il Presepio in questione sono ad oggi custodite e venerate le sue spoglie mortali, dopo essere salito agli onori degli altari nel XII secolo. Non sembri azzardato supporre, pertanto, che subito dopo (a metà del XIII secolo, o forse addirittura prima, finchè fu in vita), fosse fatto realizzare questo singolare Presepio di Nusco, che annuncia l’avvento di Gesù, tanto predicato da S. Stefano di cui S. Amato, Vescovo del paesino irpino, nutrì particolare devozione. E’ credibile che quel presepio a Nusco (nella chiesa una volta non a caso dedicata a S. Stefano) fosse espressione proprio della volontà di S.Amato, a significare, simbolicamente, attraverso la sua rappresentazione nel mondo, la verità predicata, a costo del martirio, da S. Stefano a cominciare dalla verità dell’avvento della Natività. Quel Presepio, cioè, rappresenterebbe la testimonianza più singolare e suggestiva della verità che c’è stato davvero l’avvento di Dio sulla terra per salvare gli uomini. Valgano a riguardo le parole che seguono: “Verso l’anno 36 gli ebrei ellenistici, vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”. Gli anziani e gli scribi, secondo quanto riportato dagli Atti, lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”. E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli Atti degli Apostoli, in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti l’avvento di Gesù, e che gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore. Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano l’avvento di Cristo” (https://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_protomartire). A Nusco arte e fede si congiungerebbero così, dunque, nel Medioevo angioino, grazie a questo unicum complesso di sculture ed affreschi, in una rara, eccezionale, originale rappresentazione sacra.
P.S. Si ringrazia il ricercatore Marco Di Donato per la gentile concessione delle foto pubblicate nell’articolo.
Riccardo Sica

Madonna partoriente e San Giuseppe, Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco

Madonna partoriente , Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco

La Madonna partoriente (o Madonna del parto) , Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco
(ricorda la Madonna partoriente di Piero della Francesca, oggi conservata nel museo di Monterchi in provincia di Arezzo.)

volta celeste part.della grotta a Nusco, Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco

volta celeste , part. Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco

Gli animali muti, frammento di affresco, Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco

I Re Magi, frammento di affresco, Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco

Arco da cui s’intravede il Presepio a suo tempo murato, Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco

Il bagno di Gesù nella coppa, affresco, Cripta della Concattedrale di S. Amato a Nusco