di RICCARDO SICA.
Recentemente Gianni Festa, con rapide pennellate, ha efficacemente descritto il quadro dell’attuale situazione di crisi e di decadimento nella povertà in cui è incorsa la nostra provincia dopo la tragedia della pandemia.” Mai come ora., scrive Gianni Festa, l’economia irpina ha toccato il fondo. I “fittasi” , ormai a decine, posti davanti alle vetrine delle attività economiche, dicono più di tutto che la crisi ha superato ogni limite. Come i fallimenti che si susseguono a ritmo veloce. Per non dire delle grandi emergenze: spopolamento delle zone interne, incertezza per il futuro… La politica è assente. I suoi rappresentanti sono impegnati in uno scontro senza fine. Non solo. Hanno perso l’orgoglio del territorio, offrendosi al potere regionale che discrimina le zone interne, quando non ne fa merce di scambi per fini politici. Aumentano i licenziamenti…Siamo diventati “terra di scippi “…L’assenza della eredità di una buona politica è dovuta soprattutto alla scarsa qualità politica di coloro che oggi sono sulla scena. Sono costoro i responsabili del degrado, che agiscono per proprio conto, coltivando il proprio orticello clientelare, quasi sempre sfruttando posizioni di potere” (Gianni Festa, “Primo maggio, Svegliati Irpinia”, in “Corriere dell’Irpinia”, sabato 29 aprile 2023, pag. 3). Ora più che mai, a nostro avviso, occorre un’opera di collaborazione fattiva fra l’arte e la politica che si esprime nelle forme istituzionali ed amministrative. Oggi più che mai, perché oggi si sta accentuando il divario, il contrasto tra miseria e nobiltà nello spettacolo dell’umanità che s’è venuto a formare dopo la tragedia della pandemia, dopo il coronavirus, il Covid. Il momento della trasformazione è ancora in atto e forse perciò su di esso gli artisti irpini non hanno ancora soffermata la loro attenzione. Non hanno ancora incominciato a rappresentare nelle loro opere il nuovo volto dell’umanità attuale. Eppure, ne siamo sicuri, questo volto sarà l’oggetto privilegiato di ispirazione, di osservazione, di rappresentazione nei prossimi anni del XXI secolo. Allora vedremo appesi nelle gallerie e nelle varie sedi di esposizione, anche occasionali, nelle grandi città come nei piccoli centri di provincia, dipinti i cui protagonisti saranno uomini sempre più rinchiusi in loro stessi, sfuggenti allo sguardo altrui, che quasi sempre volutamente s’ignorano, diffidenti, introversi, egoisti, attaccati ai beni materiali e ai piaceri voluttuari propri, personali. Saranno dipinti in cui dominano il vuoto, il silenzio, l’assenza di solidarietà umana, l’assenza di serenità, sguardi torvi e seri, concentrati su se stessi. I personaggi saranno quelli che già oggi si incontrano numerosi sia per strada e sia negli ambienti chiusi, nei locali pubblici specialmente ( bar, ristoranti, musei, negozi, supermercati, ecc…) ma che non s’incontrano più guardandosi negli occhi distratti. Protagonisti saranno di nuovo i poveri, in contrasto con i ricchi e i nobili, e s’affermerà ancora un’arte degli ultimi, dei miserabili, dei bassifondi, delle strade sporche e maleodoranti, popolata di mendicanti e pellegrini. I personaggi somiglieranno a quelli dell’umanità povera di Giacomo Cerruti. Non a caso a breve sarà allestita a Brescia (Museo di Santa Giulia, dal 14 febbraio al 28 maggio 2023) una mostra dalla significativa denominazione “Miseria e Nobiltà” dedicata a Giacomo Cerruti; e non a caso essa, data la attualità dell’arte pittorica del Cerruti, sarà destinata a riscuotere un grande successo di critica e di pubblico. La mostra si presenterà come lo specchio in cui si rifletterà il volto stesso dell’attuale società contemporanea, martoriata e travolta dagli effetti devastanti della pandemia.
Prevediamo che nei prossimi decenni l’arte sarà anche in Irpinia “un’arte della terra e della polvere”, il contraltare esatto di quella fatta d’aria e cielo che popolava solitamente le case dei nobili. Sarà l’arte che riprenderà un preciso filone del caravaggismo e della pittura di Ceruti in cui c’è l’affermazione di un encomiabile impegno sociale attraverso l’immagine toccante di una verità sociale brutale (la povertà, il degrado e l’abbandono), e di una realtà sociale anche più umile.
Ma vogliamo essere ancora fiduciosi.
La Dogana è il cuore del centro storico di Avellino. Avellino, capoluogo di provincia, è il cuore dell’Irpinia.
Ripartiamo allora proprio dalla Dogana e dal Centro storico di Avellino per il risveglio, la ripresa, il riscatto dell’intera Irpinia. Facciamolo ora e subito. Torniamo all’impegno sociale! Perché i tempi attuali sono cupi e preoccupanti e presaghi di terribili scenari di regresso. Ora che la tragedia, il dramma della pandemia s’è consumato, tutto tace. La gente, attonita, ancora frastornata, è spettatrice muta difronte a tanto disastro. Intorno è silenzio e morte. Ma si sta accentuando il contrasto, il divario miseria e nobiltà. Per le strade, per contrasto, ritornano e risaltano immagini anacronistiche di mendicanti, delinquenti, e di antichi nobili dal cuore duro sopravvissuti. Ignari di tutto. La società impegnata socialmente è ora inerte, appare indifferente e rassegnata. Non odo parole, non vedo gesti di solidarietà umana. Tace anche la voce della cultura, dell’arte, della buona politica. Nel buio e nel silenzio striscia la serpe della tristezza e della malinconia, della solitudine e dell’egoismo. Svegliati, Irpinia!

Povero di strada

La Dogana di Avellino

Brescia Miseria & Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento.

Povero di strada

(Ambito di) Giacomo Cerruti, Poveri e Popolani all’aperto (1690-1700 circa)

Poveri di strada

Giacomo Ceruti, Mendicante (1737-1740 circa)

Giacomo Ceruti, Due pitocchi (1730-1733 circa