Il ’68 e Avellino: memorabili quegli anni? (2)

di GENEROSO PICONE.

IN PREPARAZIONE DEL CONVEGNO ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE “CONTROVENTO” DEL 18 OTTOBRE 2019: IL ’68 IN IRPINIA E IL CASO SAN CIRO.

Le varie puntate sono state pubblicate su “Il Mattino”, edizione di Avellino, il 29 maggio, il 5, il 13 e il 19 giugno 2018

Quei cartelli, quelle scritte che pure si richiamavano alle parole del Vangelo, quei giovani in un sit in che fino a qualche mese prima era stato visto soltanto nelle immagini del telegiornale, quel padre francescano che li guidava: tutto quanto accadde alla vigilia di Natale del 1968 davanti alle vetrine dei magazzini Standa al corso Vittorio Emanuele, il teatro della celebrazione laica della festa nella società ormai dei consumi, ebbe l’effetto paradossale della profanazione di un rito. Eppure, sarebbe bastato poco per comprendere come la manifestazione organizzata da Pio Falcolini e dai ragazzi di San Ciro fosse sostanzialmente ortodossa perché coerente con ciò che la Chiesa uscita dal Concilio Vaticano II tre anni prima aveva sancito e papa Paolo VI il 26 marzo 1967 aveva scritto nell’enciclica “Populorum Progressio”. L’apertura al mondo, l’accensione di una sensibilità attenta e partecipe alle sue ferite, la critica radicale alla riduzione di ogni atto e di ogni gesto a merce, a prezzo, a etichetta: altro, in fondo non era. Lì, nella parrocchia guidata da don Michele Grella, la testimonianza plastica nel presepe allestito sostituendo alla tradizionale iconografia di pastori e casette i pannelli con le fotografie degli effetti dei bombardamenti in Viet Nam, la grotta era costruita con “profilati in ferro e il grido che ne veniva era di una insopportabile pesante sofferenza per la fame, le ingiustizie, i razzismi e le violenze che nessuna epifania avrebbe potuto cancellare.

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“La città ruppe la sua soporifera vita di periferia indifferente a ogni cambiamento. – ricorda Franco Festa, allora uno dei ragazzi di San Ciro, già professore di Matematica e oggi narratore, nel ’68 avellinese ha ambientato “La verità dell’ombra” del 2010 – Non si trattò soltanto di un anno, ma di un ampio periodo di passioni civili, politiche e sociali che erano nate precedentemente”. Infatti, l’atmosfera che si respirava nell’angolo della chiesa di viale Italia era simile a quella del Murale della Pace, “Bomba atomica e coesistenza pacifica”, realizzato da Ettore De Conciliis con la collaborazione di Rocco Falciano nella chiesa di San Francesco al Borgo Ferrovia. Dall’ottobre del 1965, su 130 metri quadrati lungo l’abside, l’affresco faceva risaltare i volti di Giovanni XXIII e Pier Paolo Pasolini, John Kennedy e Cesare Pavese, Giorgio La Pira e Fidel Castro, dei vescovi di Avellino e di Rocco Scotellaro, Guido Dorso, Aldo Moro, Giancarlo Pajetta, Bertrand Russell, Giulio Carlo Argan e altri ancora tra le macerie della Seconda guerra mondiale e le altre del Viet Nam, bombardieri in volo e patiboli sulla terra. Il lavoro era stato commissionato nel maggio 1964 al ventunenne De Conciliis dal parroco don Ferdinando Renzulli: prima lui aveva subito la censura su una sua opera nella Chiesa dell’Oblate, un Cristo in croce ma dipinti di spalle, ma in questo caso la Chiesa locale, con colui che sarebbe diventato nell’estate del 1967 il vescovo della Diocesi e che Borgo Ferrovia era stato parroco, Pasquale Venezia, lo difese dalle accuse serrate e dure della città benpensante e fermamente posta a difesa dei valori stantii dell’ordine sociale e morale. “Con alcune splendide eccezioni, Avellino mostrò il volto della città autoritaria, provinciale e chiusa”, è la sensazione che De Conciliis conserva. Paolo VI lo accolse De Conciliis in Vaticano e il quotidiano della gioventù comunista di Cuba, “Granma”, lo salutò come un eccezionale segnale di arte civile. Il presepe anti-consumista di San Ciro, invece, subì attacchi decisamente di maggiore violenza.

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Don Michele Grella divenne l’obiettivo. “Fu accusato di essere un agente dei comunisti che venivano considerati come i nemici pubblici”, sottolinea Domenico Gallo, nel Natale del ’68, sedicenne studente al liceo “Colletta”, oggi magistrato cassazionista dopo essere stato senatore per Rifondazione comunista e poi al Gruppo misto eletto nel 1994 nel collegio di Pistoia. I titoli dei giornali più ostili: “I comunisti in parrocchia”, “Era una riunione politica quella della Chiesa si San Ciro. Sempre più evidenti le responsabilità di don Michele Grella”, “Tenta di salvarsi il parroco di San Ciro, ma purtroppo per lui non ci è riuscito”.Insomma, la comunità della Chiesa di San Ciro fu additata come un covo di pericolosi sovversivi. Davvero? Le riunioni erano animate da Alfonso Iandolo, Ninì Salerno, Pasqualina Ciarcia, Franco Festa, Rosalba Delli Gatti, Gerardo Capone, i fratelli Franco, Giustino e Tonino Ausania, Pino De Fabrizio, Tonino Spina, Amleto Tino, Carla Perugini, Ettore De Socio, Licia Festa, Enrica Rocco, Giovanni De Luca, Anna e Ornella De Stavola, Renata Morrison, Margherita Silvestri, Domenico Gallo, Goffredo Raimo e tanti altri.

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“C’era grande fluidità, passavano un po’ tutti”, avverte Alfonso Iandolo. Per fare che cosa? “Era il luogo di incontro di giovani interessati a tutto ciò che accadeva ad Avellino e nel mondo, i quali inconsapevoli e incolpevoli avevano messo su una storia grande in un piccolo teatro”, aggiunge risponde Iandolo. Con Ninì Salerno – entrambi insegnanti in pensione – Iandolo era nel gruppo fin dalle origini: lì si sono conosciuti, Pio Falcolini li avrebbe sposati nel 1975, a un passo dalla Chiesa abitano ancora. “Certo, un magma: – spiega Francesco Saverio Festa, nel ’68 all’Università Cattolica di Milano da dove non smise di avere contatti con il gruppo, ora docente di Filosofia politica all’Università di Salerno – però con un tratto comune era l’ansia di ricerca della profondità di alcune esperienze per farle diventare autentiche”. “La Chiesa di San Ciro si propose come il punto di sintesi di lotte e speranze, Don Michele Grella e Pio Falcolini la resero qualcosa in più di una semplice parrocchia e diedero forma alla voglia di cambiamento dei giovani che vi facevano riferimento”, aggiunge Franco Festa. “A 16 anni ho avuto il privilegio di vivere una fase così preziosa della mia vita”, confessa Gallo.

La comunità di san Ciro era sorta l’anno prima, su iniziativa del parroco della Chiesa, don Michele Grella, assistente della Fuci avellinese, alla cui presidenza c’erano Alfredo Iandolo e Renata Galasso. Fucino fu l’impianto iniziale, nella consapevolezza che il mondo cattolico con la svolta conciliare stava cambiando profondamente. La presenza di Pio Falcolini, francescano originario di Nocera che operava al convento di Serino, irrobustì questa istanza e negli incontri a viale Italia si prese a discutere e confrontarsi, a organizzare assemblee con ospiti importanti – da Adriana Zarri a Juan Arias e viaggi alla conoscenza di esperienze che testimoniassero un impegno sociale inedito e ricco: a Napoli dai fratelli Greco, da Geppino Fiorenza, da Antonino Drago, da Calogero Palermo, da Pietro Basso; ad Assisi per partecipare a un memorabile convegno su “La violenza dei cristiani”. “Memorabile anche perché durante il viaggio in pullman conobbi le canzoni di Fabrizio De André, dalla voce e dalla chitarra di Pino De Fabrizio”, riconosce Iandolo. Insieme si apprendeva la pedagogia degli oppressi di Gilberto Freyre e si leggeva “Lettera a una professoressa” di Don Milani, il vero testo guida del gruppo. “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”, scriveva il prete della Scuola di Barbiana e se la sovversione dei rivoluzionari del presepe del Natale 1968 ha una filosofia, va ricercata esattamente in quelle parole.

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(2-continua)

LA SCHEDA DELL’ANNO

Quando il 19 maggio 1968 i 303.140 elettori della provincia di Avellino sono chiamati a rinnovare la rappresentanza parlamentare in Irpinia si discute della crisi dei partiti. Il tema è affrontato da Antonio Aurigemma su “Il Mattino”: “La loro crisi, la loro assenza dal ruolo di guida politica della pubblica opinione e di forza attiva del rinnovamento della società continua: e si ente sempre maggiore il bisogno, invece, di una presenza che qualifichi organicamente gli atteggiamenti di parlamentari e amministratori e li inglobi in una prospettiva globale”.

La parola d’ordine, insomma, è sempre di può quella che segnala la necessità del cambiamento, ma le forze politiche paiono interpretarla soltanto nel senso di una parziale turn over dei candidati. Non parteciperanno alle elezioni nella Dc gli uscenti Gabriele Criscuoli – al Senato – e Alfredo Amatucci – alla Camera: diverrà vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura -, mentre per il Pci non ci sarà il deputato Salvatore Mariconda. A Palazzo Madama risulteranno eletti i democristiani Salverino De Vito, nel collegio di Sant’Angelo dei Lombardi, e Alfonso Tanga, in quello di Ariano-Benevento, i socialisti unitari (Psi-Psdi) Francesco Iannelli ad Avellino e Manlio Rossi-Doria in Alta Irpinia, per l’Msi Enea Franza ad Ariano Benevento, mentre Costantino Preziosi sarà in Senato per il Pci-Psiup da Afragola. Alla Camera per la Dc andranno Fiorentino Sullo, Ciriaco De Mita e Gerardo Bianco, per il Pci eletto Stefano Vetrano, per il Partito Democratico di Unità Monarchica Alfredo Covelli. A dicembre, nel governo presieduto da Mariano Rumor, Sullo sarà ministro della Pubblica istruzione e De Mita sottosegretario agli Interni. Per Fiorentino Sullo si tratta della terza volta: dal 25 marzo all’11 aprile 1960 è stato titolare ai Trasporti, dimissionario per la presenza nel governo guidato da Ferdinando Tambroni di esponenti del Msi, quindi com Amintore Fanfani al Lavoro dal 27 luglio 1960 al 22 febbraio 1962 e fino al 4 dicembre 1963 ai Lavori pubblici, in tempo per promuovere un progetto di riforma urbanistica tanto avanzata da essere sconfessata dalla segreteria nazionale del suo partito. Alla Pubblica Istruzione gli sarebbe toccato un destino sostanzialmente simile.

In Irpinia si riapre la crisi all’Amministrazione provinciale, con il passaggio dell’assessore Vincenzo Rizzo dalla Dc al Psu. Sciopero dei lavoratori dei trasporti dell’Asita: l’agitazione rientra dopo un incontro a Palazzo Caracciolo. In Comune viene approvato il 30 aprile il bilancio di previsione 1968 e l’avvenimento è sottolineato come straordinario perché si tratta della prima volta dopo decenni che si rientri nei termini. A Palazzo De Peruta il tema dominante è il Piano regolatore generale: l’ipotesi delineata da Marcello Petrignani subisce varii rinvii nell’assemblea municipale. La fase di transizione, però, non trascorre invano perché a giugno il sindaco Angelo Scalpati rilascia nuove licenze edilizie in una pratica che proseguirà fino al termine di agosto. La nuova città non nasce sui grafici del progettista, ma in queste ferite che definiranno il profilo di Avellino nei decenni a venire, come un peso insopportabile e incancellabile.

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